Pesaola,Valle e tre poveri indiani

Finita la guerra, la Roma si ritrovò senza giocatori, senza dirigenti e senza soldi. Ebbe l'occasione per ricostruire subito il suo patrimonio tecnico, perché Biancone era riuscito ad opzionare due grandi giocatori del Vicenza: il mediano Fattori e la mezzala Bassetto. Ma la Sampdoria offrì di più e la Roma si dovette accontentare di tre ragazzi diventati celebri giocando al calcio in India, nei campi di prigionia. Si chiamavano Ciucci, Bordonali e Gnemmi. Quando si presentarono in sede erano così magri e denutriti che prima di metterli alla prova fu necessario tirarli su a bistecche. Sparita la magrezza furono spediti in campo e rivelarono tutta la loro pochezza tecnica. Ma l'episodio dei tre "indiani" mise in evidenza le difficoltà economiche in cui si dibatteva la società, costretta a rinunciare a due nazionali, per tre reduci dalla prigionia. Il solo asso era Amadei, ma il centravanti, veniva sistematicamente snobbato da Pozzo ad ogni convocazione della nazionale e cominciava a pensare di cambiare squadra. Il campionato riprese. Le strade erano precarie. I ponti erano crollati. Le ferrovie assicuravano solo i collegamenti primari. Erano necessari due gironi: uno al nord e un altro al centrosud. Le prime quattro di ogni girone avrebbero disputato il torneo finale per lo scudetto. La Roma finì terza e venne ammessa al girone delle elette, ma non andò al di là del sesto posto. La musica peggiorò col girone unico. La squadra fini al quindicesimo posto, il peggiore della sua storia, facendo presagire il peggio. a Intanto l' 8 maggio del 1947 una notizia luttuosa scosse l'Italia calcistica; durante una partita tra vecchie glorie, a Montecatini, era morto d'infarto Attilio Ferraris IV, il capitano di Testaccio. Aveva solo 44 anni. Tre giorni dopo la nazionale scese in campo a Torino contro l' Ungheria con il lutto al braccio. Nell' Ungheria esordiva un giovane campione, Ferenc Puskas, e giocava un celebre asso ormai molto vecchio, Zsengeller, detto "Cartavelina". La Roma naturalmente acquistò il vecchio Zsengeller, che era considerato il cervello dell' Ujpest. Quando venne alla Roma aveva segnato qualcosa come seicento gol e aveva vinto il titolo di capocannoniere per sei anni di fila. Ma ormai era alla frutta. Uomo colto e distinto, parlava addirittura in latino. La sua classe era indiscutibile, ma la squadra era troppo limitata. Assieme a Zsengeller arrivarono alla Roma anche tre argentini, come raccontiamo nel riquadro a fianco. L'unico lampo per la Roma di questo periodo venne rappresentato dal derby giocato il 14 novembre del 1947 in casa della Lazio. L'incontro venne risolto dal solito Amadei (1-0) ma fu una carneficina. Amadei, brutalmente falciato da Ferri, finì all'ospedale. Poco dopo venne di nuovo chiamata l'autombulanza per ricoverare anche Valle. Fusco e Pesaola restarono in campo infortunati, ma nonostante fosse ridotta in nove e con soli sette giocatori validi la Roma difese il vantaggio sino alla fine. Il grande regista di quella vittoria fu l'ungherese Zsengeller. Lo chiamavano "Cartavelina" perché non gradiva il gioco duro. Ma quel giorno riuscì a domare la Lazio sciorinando tutto il suo repertorio di finezze stilistiche, di tocchi fel pa ti. E la Roma poté salutare la vittoria al centro del campo, come nei giorni più belli di Testaccio. La squadra aveva ritrovato per un giorno lo spirito che l'aveva resa grande agli occhi dei tifosi. Ma le prodezze di Amadei, facevano risaltare lo squilibrio tra la squadra e il suo asso più rappresentativo. Fu l' "Europeo" che dette per primo la notizia di un interessamento dell'Inter per il centravanti della Roma. Nei suoi confronti Pozzo stava ripetendo l'ostracismo già usato contro Bernardini. Ma ormai Amadei aveva trovato altri difensori. La stampa milanese si mostrò scandalizzata per la sua mancata convocazione contro l'Inghilterra a Torino. E quando la nazionale venne sconfitta in modo umiliante per 4-0, rincarò la dose. Ma era un atteggiamento molto interessato.

Tratto da La Roma una Leggenda Editrice il Parnaso

 

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